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Per la Corte, il diritto-dovere di visita del genitore non collocatario non è coercibile e dunque non sanzionabile ex art. 614-bis c.p.c.
La risposta è negativa "né potrebbe essere altrimenti", ribadisce la Cassazione, stante la specialità del diritto di famiglia, le cui relazioni ispirate all'attuazione dell'interesse preminente del minore rinvengono in esso fondamento e, se del caso, limite.
Gli Ermellini rammentano che, all'interno della famiglia, nei rapporti tra genitori e figli, alla responsabilità dei primi ex art. 316 c.c. si accompagna l'esercizio di comune accordo nell'attuazione del diritto dei figli minorenni di essere mantenuti, educati, istruiti e assistiti moralmente nel rispetto delle loro inclinazioni naturali e aspirazioni, per contenuti che, richiamando quelli di un "munus pubblico", sono espressivi della realizzazione degli interessi dei minori stessi.
Nella descritta strumentalità di posizioni, si declina il "diritto-dovere" di visita del genitore presso il quale il figlio minore non sia stato collocato, è esercitabile dal genitore titolare che voglia o debba svolgere il proprio ruolo concorrendo con l'altro ai compiti di assistenza, cura ed educazione della prole.
Al diritto del genitore non convivente di continuare a mantenere rapporti significativi con i figli minori corrisponde, in via speculare, il diritto dei figli di continuare a mantenere rapporti significativi con entrambi i genitori.
Il "diritto" di visita del figlio minore da parte del genitore non collocatario viene in rilievo e riceve tutela in caso di condotte pregiudizievoli poste in atto dall'altro genitore che, ostacolandone l'esercizio, fanno sorgere risarcimenti e sanzioni secondo il sistema modulare e flessibile voluto dal legislatore all'art. 709-ter del codice di procedura civile.
Il "dovere" di frequentazione e visita del figlio minore, proprio per la sua accezione, è espressione della capacità di autodeterminazione del soggetto e, dunque, il suo esercizio è rimesso alla libera e consapevole scelta di colui che ne sia onerato.
Pertanto, ritenere il dovere di visita come un vero e proprio obbligo, coercibile a iniziativa dell'altro genitore o dello stesso figlio minore, urterebbe con la qualificazione adottata e con la stessa finalità di quel dovere, strumento di realizzazione dell'interesse superiore del minore, inteso come crescita ispirata a canoni di equilibrio e adeguatezza.
In conclusione, l'esclusione della coercibilità, a favore del figlio, del diritto di visita e del corrispettivo dovere del genitore non affidatario o non collocatario di garantire una sua frequentazione regolare, comporta la impossibilità di applicare l'art. 614-bis c.p.c., inteso quale fonte di un provvedimento di coercizione indiretta, assimilabile alle "astreintes", nei confronti del genitore che rifiuta di frequentare il proprio figlio, anche se per un periodo temporaneo e a causa di uno stato di ansia derivante dalla difficile relazione genitoriale.
Il provvedimento di cui ali art. 614-bis c.p.c. presuppone l'inosservanza di un provvedimento di condanna, ma il diritto (e il dovere) di visita costituisce un'esplicazione della relazione fra il genitore e il figlio che può trovare regolamentazione nei suoi tempi e modi, ma che non può mai costituire l'oggetto di una condanna a un facere sia pure infungibile.
La Cassazione precisa altresì che l'emanazione di un provvedimento ex art. 614-bis c.p.c. si pone in evidente contrasto con l'interesse del minore il quale viene a subire in tal modo una "monetizzazione preventiva e una conseguente grave banalizzazione di un dovere essenziale del genitore nei suoi confronti, come quello alla sua frequentazione".
Se, da un lato, il dovere di frequentazione del genitore risulta non obbligato e incoercibile, dall'altro assume rilevanza lo speculare diritto del figlio minore a frequentare (o meno) il genitore quale esito di una sua scelta, libera ed autodeterminata.
La non coercibilità del diritto di visita non vale, però, ad escludere che al mancato suo esercizio non conseguano effetti. Potranno, ad esempio, essere modificati i provvedimenti in vigore in tema di affidamento, ma anche essere emessi provvedimenti "de potestate" sino alla decadenza stessa dalla responsabilità genitoriale.
Dall'inerzia del genitore non collocatario, in pratica, potranno derivare l'eccezionale applicazione dell'affidamento esclusivo in capo all'altro genitore (art. 316, primo comma, c.c.), la decadenza della responsabilità genitoriale e l'adozione di provvedimenti limitativi della responsabilità per condotta pregiudizievole ai figli (artt. 330 e 333 c.c.), la responsabilità penale per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.) quando le condotte contestate, con il tradursi in una sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali, pongano seriamente in pericolo il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore.
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