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Il Dpcm in vigore dal 4 maggio consente di rientrare presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Cosa significa e quali sono gli spostamenti consentiti?
Si tratta di una "timida" apertura poiché viene sottolineata la necessità di dover continuare a mantenere le distanze allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19.
Gli spostamenti consentitiSaranno ancora consentiti i soli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. Tuttavia, il decreto ricomprende nel novero degli spostamenti quelli per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie (leggi Chi sono i congiunti).Non è solo la definizione di "congiunti" ad aver destato dubbi in ordine alla sua interpretazione, ma anche il discrimine tra questi tre concetti, che vengono utilizzati per esprimere un tipo di relazione tra le persone e dei luoghi, affinché sia chiaro capire dove sarà possibile recarsi e dove no.
La residenza è indicata sui documenti di identità, ma può essere anche provata attraverso l'esibizione di un certificato anagrafico; in realtà, spesso sono gli stessi Comuni a mettere a disposizione dei moduli di di autocertificazione di residenza editabili e utilizzabili per certificare in maniera autonoma la propria residenza. In questa fase emergenziale, dunque, sarà sufficiente controllare i documenti o effettuare un controllo incrociato con l'Anagrafe per confermare la veridicità dei dati.
Negli altri casi, invece, la dimostrazione è sicuramente più complessa e potrebbe non essere sufficiente un'autocertificazione per evitare multe, ad esempio nei casi in cui la ragione dello spostamento sia il rientro presso il domicilio o l'abitazione. Si attendono gli strumenti messi in atto dal Governo per consentire i necessari controlli a tal fine.
Intanto, per comprendere cosa si intende per domicilio è necessario partire nuovamente dall'analisi dell'art. 43 c.c. che lo definisce come quel luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi, che possono essere di varia natura (personale o sociale).
Tradizionalmente, nella nozione civilistica di domicilio si rintracciano due elementi, uno soggettivo e l'altro oggettivo: il primo rappresenta l'intenzione del soggetto si fissare in un luogo la sede principale dei propri affari e interessi; l'elemento oggettivo, invece, fa riferimento a quei rapporti economici, sociali, morali, familiari che si svolgono nel domicilio.
Un soggetto può eleggere, espressamente per iscritto, anche un domicilio "speciale" ma solo per determinati atti o affari, come avviene solitamente presso il domicilio presso il proprio avvocato. Salvo tale caso, normalmente l'elezione di domicilio non avviene secondo particolari formalità e non esiste un "certificato" di domicilio come per la residenza.
Pertanto, per attestare il domicilio potrebbe essere utilizzata una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che il soggetto effettua sotto la propria personale responsabilità e con il rischio di sanzioni penali in caso di dichiarazioni mendaci.
Per quanto riguarda l'abitazione, nel codice civile non si ritrova una chiara ed espressa definizione in tal senso, nonostante il concetto venga in rilievo in diversi ambiti, dal diritto successorio passando per i diritti reali. Una norma, relativamente al settore delle imposte, si ritrova nel Tuir (d.P.R. n. 917/1986) che parla di "abitazione principale", identificandola nell'abitazione presso la quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente.
Si ritiene che per abitazione debba farsi riferimento a quei luoghi strutturalmente idonei al viverci all'interno in maniera abituale. Elementi soggettivi per dimostralo possono essere la presenza di utenze intestate (luce, gas, telefono ecc.) e la circostanza che sia in atto un consumo ragionevole che faccia intendere che in quel bene si abita realmente.
Nel testo del recente D.P.C.M. manca il riferimento alla dimora e tale assenza non parrebbe una mea svita o dimenticanza, in quanto avrebbe un chiaro significato. Se la residenza è definita come quel luogo in cui un soggetto ha una dimora "abituale", appare evidente come il concetto di dimora in sé abbia una natura normalmente "temporanea".
In tal caso, l'esempio più tipico è rappresentato dalla seconda casa o dalla c.d. "casa vacanze" dove si soggiorna solo per alcuni periodi dell'anno. Per scongiurare un'eccessiva possibilità di spostamento, il provvedimento non ha incluso i luoghi di dimora in quelli che è possibile da raggiungere.
Lo confermerebbero anche le dichiarazioni della ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, che ha chiarito che sarà vietato trasferirsi nelle seconde case. Probabile che anche questo punto verrà meglio chiarito avendo scatenato non pochi dubbi.
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