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Notizie: Diritto civile

Phica.eu: violazione della privacy e risposta del diritto penale

Phica.eu: violazione della privacy e risposta del diritto penale
La recente chiusura del forum Phica.eu, attivo da circa vent'anni, è esplosa a seguito di denunce da parte di politiche, influencer e donne comuni, le cui immagini — spesso intime o ricavate dai social — venivano pubblicate senza consenso in sezioni degradanti e accompagnate da commenti sessisti, volgari e violenti.

Ma quali sono gli aspetti giuridici da tenere in considerazione?

Giuridicamente, rientrano nel campo del "revenge porn" o diffusione non consensuale di immagini a contenuto sessuale, tipico del reato previsto dall'art. 612-ter c.p., punito con la reclusione. Le vittime hanno 6 mesi per sporgere denuncia dalla scoperta della pubblicazione. Le indagini della Polizia postale hanno preso le mosse da una prima informativa inviata alla Procura di Roma, potenzialmente estesa ad altre procure su scala nazionale. L'atteggiamento del sito — chiuso con una nota che giustificava il fallimento nel bloccare quei "comportamenti tossici" — è stato stigmatizzato come tardivo e insufficiente. In aggiunta, emergono profili qualificati di estorsione, poiché alcune vittime hanno riferito di aver ricevuto richieste di denaro (fino a "mille euro al mese") per la rimozione delle immagini, o di essere state inserite in una "lista" a pagamento. Ciò apre la strada anche ai reati di diffamazione aggravata, violazione della privacy e possibili ipotesi di reati informatici.

Sul piano criminale, risulta particolarmente complessa la questione della giurisdizione. La verifica investigativa ha collegato la piattaforma alla società Hydra Group Eood, formalmente con sede legale in Bulgaria ma riconducibile a un italiano, R. M., che funge da amministratore unico. A rendere ancora più ardua la repressione sono i server esteri, domini oscurati, l'anonimato degli utenti e la facilità con cui la piattaforma potrebbe rilanciarsi altrove sotto nuovi URL.

Aspetti criminologici

Dal punto di vista criminologico, il caso rappresenta un chiaro esempio di violenza digitale e misoginia sistemica. È emerso come "MeToo digitale" fatto non solo di politici ma anche di cittadine comuni, e di una mobilitazione collettiva che ha preso forma tra petizioni online (oltre 140.000 firme) e il sostegno di esponenti istituzionali. Le istituzioni e il legislatore reagiscono: si prospettano iniziative legislative volte a rafforzare il quadro normativo contro il revenge porn e i contenuti illeciti online, anche attraverso azioni collettive (class action) e misure di monitoraggio da parte del Ministero e del Parlamento.

Avv. Alessandro Pagliuca

Criminologo- DPO

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Foto: 123rf.com

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